Savona, lì 29/05/2015
ALLA REGIONE LIGURIA
DIPARTIMENTO AMBIENTE
SETTORE VALUTAZIONE DI IMPATTO
AMBIENTALE
e p.c.
DIPARTIMENTO SVILUPPO ECONOMICO
SETTORE ATTIVITA’ ESTRATTIVE
SETTORE ASSETTO DEL TERRITORIO
DIPARTIMENTO PIANIFICAZIONE
TERRITORIALE ED URBANISTICA
SETTORE URBANISTICA E PROCEDIMENTI
CONCERTATIVI
SERVIZIO TUTELA DEL PAESAGGIO
ALLA SOPRINTENDENZA PER I BENI PAESAGGISTICI DELLA LIGURIA
ALL’ENTE GESTORE DEL S.I.C. IT
1331402
ENTE PARCO NATURALE REGIONALE DEL
BEIGUA
AL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA
TUTELA DEL TERRITORIO
Oggetto: V.I.A regionale pratica n. 355. permesso di ricerca mineraria per minerali di
titanio, granato e minerali associati, denominato monte tariné. Osservazioni.
In riferimento all’oggetto,
si ritiene
di formulare osservazioni che vengono qui inviate, nello specifico documento
allegato alla presente.
Nell’attesa
di un riscontro in merito alle osservazioni tecniche qui fornite, si coglie
l’occasione per porgere Distinti saluti.
Lipu delegazione Provinciale Genova
Il Delegato Aldo Verner
Italia Nostra
Sezione Savona
Il Presidente
Roberto Cuneo
Per le Associazioni firmatarie
WWF Italia
Il Delegato Regionale Liguria
Piombo Marco
Premesso che
Il permesso di ricerca mineraria ai sensi della L.R.
12/12 da eseguirsi in varie località ricadenti nei Comuni di Sassello ed Urbe,
interessa un’area vasta di circa 453
ha .
Le presenti osservazioni vengono formulate in riferimento all'istanza relativa alla
richiesta di permesso di ricerca mineraria, finalizzata allo sfruttamento del
sottosuolo, in particolare alla ricerca ed estrazione del titanio e dei
minerali ad esso associati;
Osservazioni.
Le presenti osservazioni fanno riferimento al
possibile utilizzo del terreno di proprietà privata nonché di tutto l’areale
attraverso una possibile previsione di una attività estrattiva.
Nello specifico si rileva che :
Come viene indicato nel S.I.A. , le aree oggetto di richiesta
ricadono all’interno o in buona parte:
-
all’interno del Parco Naturale regionale del
Beigua, zona B “Riserve orientate”(su una superficie di circa il 50% di quella
interessata);
-
all’interno del S.I.C. terrestre denominato “
M.Beigua-Dente-Gargassa-Pavaglione “ codice IT1331402”(su una superficie di
circa il 60% di quella interessata), dove nella relativa scheda
istitutiva si legge: al momento scongiurato ma
sempre possibile, è l'eventuale apertura di miniere di rutilo. Altri pericoli
derivano dall'apertura di strade in terreni non consolidati.; e
di cui l’ente Parco è gestore ai sensi della L.R. 28/2009.
-
buona parte del territorio interessato ricade
nel regime di MANTENIMENTO (ANI-MA, IS-MA) e parte anche in regime di CONSERVAZIONE
(ANI-CE)dell’assetto insediativo del P.T.C.P.
-
dal punto
di vista dell’assetto geomorfologico del P.T.C.P. buona parte del territorio
interessato ricade nel regime MODIFICABILITA’, ma anche di MANTENIMENTO e
CONSERVAZIONE.
Si osserva che tale attività sia estrattiva ma anche di ricerca è
vietata espressamente da normative di carattere regionale , nazionale:
-
dalla Legge quadro nazionale sulle aree protette
n. 394/1991, dove all’art. 11 si recita:
comma 3. Salvo quanto previsto dal comma 5, nei
parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la
salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare
riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In
particolare sono vietati:
b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;
b) l'apertura e l'esercizio di cave, di miniere e di discariche, nonché l'asportazione di minerali;
-
dalla legge regionale della Liguria n. 12/1995 “Riordino
delle aree protette” , dove l’Art. 42 recita:
(Norme di salvaguardia ambientale).
1. Fermo restando quanto previsto fino
all'approvazione del Piano dalle norme transitorie e quanto disciplinato dal
Piano stesso e dai regolamenti di fruizione del parco, nelle aree protette di
cui alla presente legge sono comunque vietati:
a) l'apertura e l'esercizio
di miniere, cave e discariche nonché l'asportazione di minerali
-
Inoltre
si osserva come tale attività di estrazione sia vietata dall’art. 10 delle
Norme di attuazione del Piano del Parco naturale regionale del Beigua (Approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale
della Liguria n. 44 del 3 agosto 2001), dove lo stesso recita:
2. Fino ad una maggiore specificazione nel Regolamento dei
comportamenti e degli interventi ammessi, nel territorio del Parco è vietato:
a) asportare rocce, minerali e fossili; prelievi per
ricerche scientifiche o per gli accertamenti
geognostici necessari ad eseguire interventi ammissibili a
norma del Piano del Parco sono
soggetti ad autorizzazione da parte dell’ Ente.
b) alterare in qualsiasi modo la morfologia del terreno in
corrispondenza dei geositi individuati
come da comma 1;
-
dalla deliberazione di Giunta regionale n. 1507 del
06/11/2009 Misure di
salvaguardia per habitat di cui all'Allegato I della direttiva 92/43/CEE ai
sensi della L.R. 28/2009, che recita:
1. Misure di salvaguardia generali per gli habitat
1. Fermo restando quanto previsto
dall’art. 5 commi 9 e 10 del dPR 357/97, valgono le seguenti
misure di salvaguardia:
A) Nei SIC che comprendono gli
habitat definiti prioritari ai sensi della dir. 92/43/CEE non
possono essere approvati e/o
realizzati interventi, progetti e piani che prevedano o comportano
la diminuzione e/o frammentazione,
alterazione ancorchè temporanea della superficie degli
habitat
stessi;
-
nella D.G.R. n. 1687/2009 “ Priorità di conservazione
dei Siti di Importanza Comunitaria terrestri liguri e cartografia delle
"Zone rilevanti per la salvaguardia dei Siti di Importanza
Comunitaria" , viene indicata l’area del Tarinè.
Le altre restanti aree (in buona parte in Comune di Urbe) non
ricadenti in aree parco e comunque assoggettate a tali disposizioni in quanto
attigue, sono sottoposte alle tutele oltre che dalle normative vigenti in
materia ambientale e paesaggistica (Dlgs 42/2004, art. 142 , presenza di aree
boscate, oggetto anche di passaggio del fuoco, etc..), anche dalla Deliberazione della Giunta regionale n.1793 del 18 dicembre
2009 Istituzione Rete ecologica - LR 28/2009 art.3. che individua, fra l’altro,
le aree di collegamento ecologico – funzionali all’adiacente S.I.C. ed alla
vicina Z.P.S. .
E’
da evidenziare l’utilizzo della parola “sui” e non “nei” relativamente al
campo di estensione della Valutazione di incidenza, poiché in materia di tutela
ambientale è ormai noto che anche opere distanti da un sito, possono avere
effetti negativi su di esso.
Per quanto
concerne la compatibilità di tale previsione con la natura sottoposta a regime di tutela nonché con
riferimento alle criticità pasesaggistico-ambientali, tali interventi non possono essere compatibili
con le caratteristiche del SIC, delle Aree Protette Provinciali, delle
aree carsiche e comunque di tutti gli
elementi costituenti la RETE NATURA 200 quali specie ed habitat tutelati dalle
normative vigenti sia locali che nazionali, nonché comunitarie.
Infine vi è da rilevare
quanto disposto dalle adottate misure di conservazione dei SIC liguri
appartenenti alla regione biogeografica mediterranea ai sensi della L.R. 28/09,
con D.G.R. N. 73/2015 (vedi art. 1 comma 2 ed in particolare l’art. 5. Interventi ed attività non ammessi. Nei Siti Rete Natura 2000 di cui al comma 1, fermi
restando quanto riportato all’art.12 D.P.R 357/97 non sono ammessi: apertura
di nuove cave e miniere).
-
P.T.C.P.
In considerazione
della bellezza e delicatezza del contesto paesistico, buona parte della zona
interessata è stata sottoposta al regime insediativo di mantenimento ANI.MA dal P.T.C.P. regionale.
Si tratta in buona parte di un territorio coperto da
aree boscate.
Secondo quanto stabilito dall’art. 52, comma 2, del
Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico, “l'obiettivo della disciplina è quello di mantenere
sostanzialmente inalterati
quei caratteri che definiscono e qualificano la funzione della zona in rapporto
al contesto paesistico e di assicurare nel contempo, in termini non
pregiudizievoli della qualità dell'ambiente e con particolare riguardo alle
esigenze dell'agricoltura, una più ampia fruizione collettiva dei territorio,
un più efficace sfruttamento delle risorse produttive e una più razionale
utilizzazione degli impianti e delle attrezzature eventualmente esistenti”.
Al comma 3, “non è pertanto consentito aprire nuove strade di urbanizzazione, né costruire nuovi edifici, attrezzature ed
impianti ad eccezione degli interventi specificamente volti al
conseguimento degli obiettivi sopra indicati, purché non alterino in misura paesisticamente percepibile lo stato dei
luoghi”.
Il tenore
della suesposta disposizione rivela l’assoluta incompatibilità tra la
previsione dell’opera in questione e la disciplina di tutela prevista per zone
quali l’area su cui un possibile impianto estrattivo andrebbe ad incidere.
La
realizzazione di tali interventi, modifica pertanto alla scala del paesaggio lo
stato dei luoghi e sono percepibili anche da grande distanza, introducendo un
elemento anomalo che deve essere valutato con estrema attenzione. Inoltre, il
progetto in esame richiederebbe la realizzazione di nuove piste e strade ed
adeguamento ed allargamento di quelle
esistenti, opere che contrasterebbe apertamente con quanto previsto al comma 3,
della norma rubricata che non consente l’apertura di nuove strade di
urbanizzazione.
- Insediamenti sparsi in regime di
mantenimento - IS-MA.
Tale regime si applica nei casi in cui si riconosce l'esistenza di un equilibrato rapporto tra l'insediamento e l'ambiente naturale o agricolo e nei quali si ritiene peraltro compatibile con la tutela dei valori paesistico-ambientaii, o addirittura funzionale ad essa, un incremento della consistenza insediativa o della dotazione di attrezzature ed impianti, sempreché questo non ecceda i limiti di un insediamento sparso.
Tale regime si applica nei casi in cui si riconosce l'esistenza di un equilibrato rapporto tra l'insediamento e l'ambiente naturale o agricolo e nei quali si ritiene peraltro compatibile con la tutela dei valori paesistico-ambientaii, o addirittura funzionale ad essa, un incremento della consistenza insediativa o della dotazione di attrezzature ed impianti, sempreché questo non ecceda i limiti di un insediamento sparso.
L'obiettivo della disciplina è quello di mantenere le
caratteristiche insediative della zona, con particolare riguardo ad eventuali
ricorrenze significative nella tipologia e nella ubicazione degli edifici
rispetto alla morfologia del terreno.
Sono pertanto consentiti quegli interventi di nuova
edificazione e sugli edifici esistenti, nonché di adeguamento della dotazione
di infrastrutture, attrezzature e impianti che il territorio consente nel
rispetto delle forme insediative attuali e sempre che non implichino né
richiedano la realizzazione di una rete infrastrutturale e tecnologica
omogeneamente diffusa.
Parte
dell’area interessata ricade anche nel regime di CONSERVAZIONE, ANI-CE, dove l’art. 51 della N.T.A. recita
Art. 51
Aree Non Insediare - Regime normativo di CONSERVAZIONE
(ANI-CE)
1. Tale regime si applica nelle parti dei territorio di
elevato valore naturalistico-ambientale e non interessate, o interessate in
forme dei tutto marginali e sporadiche, dalla presenza di insediamenti stabili,
nelle quali qualunque pur modesta alterazione dell'assetto attuale può
compromettere la funzione paesistica e la peculiare qualità
dei luoghi. 46
Per quanto
riguarda invece l’Assetto geomorfologico:
-
regime MA (Mantenimento), disciplinato
dall’art 15 delle norme di attuazione del PTCP.
Considerato che l’art. recita :
L'indirizzo
generale di MANTENIMENTO si applica nelle situazioni in cui gli interessi di
ordine ecologico sono preminenti in considerazione della relativa integrità
dell'ambiente o della presenza di rilevanti valori morfologici, tanto nel caso
in cui sia stato raggiunto uno stato di sostanziale equilibrio, quanto nel caso
in cui si registrino dinamismi più o meno accentuati.
3. La
pianificazione dovrà pertanto essere orientata a consentire esclusivamente
quegli interventi che non incidono sull'attuale assetto geomorfologico
considerato alla scala territoriale.
Inoltre l’areale interessato ricade in Assetto
vegetazionale del P.T.C.P. indicato come BAM-CO e BA-CO.
Si rammenta che
L’ Art. 22
della N.T.A. del P.T.C.P prevede:
Indirizzo
generale di CONSOLIDAMENTO (CO) dei boschi
2. Ricadono
sotto questo indirizzo i boschi a composizione floristica più o meno corretta,
ma ridotti come superficie o antropizzati in conseguenza di uno sfruttamento
intenso o protratto determinato in passato da condizioni di necessità economica
oggi in parte superate.
Conclusioni
la previsione di ricerca finalizzata ad una attività
estrattiva, risulta in palese ed insanabile conflitto con l’obiettivo di
mantenere e conservare inalterati i caratteri che definiscono e qualificano la
funzione della zona in rapporto al contesto paesistico e vegetazionale (vedi
assetti insediativo, geomorfologico e vegetazionale), individuati dal vigente
Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico regionale (P.T.C.P.).
Si ritiene opportuno inoltre osservare quanto le
disposizioni dettate dal PTCP evidenziano come la normativa di zona imponga
l’obiettivo primario di mantenere sostanzialmente
inalterati i caratteri della zona…(: ciò significa non alterare in misura
percepibile le connotazioni paesaggistiche dei luoghi quali la morfologia, la
copertura vegetazionale, le visuali panoramiche, le linee di crinale) (documento redatto tra le Strutture regionali del Dipartimento Pianificazione Territoriale e
Urbanistica e la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici “CRITERI
PER LA CORRETTA INTERPRETAZIONE E APPLICAZIONE
DELLE NORME DEL PTCP”).
- Presenza di Pietre verdi
A1-Aree caratterizzate substrato
riconducibile alle pietre verdi, segnalate per la probabile presenza di
minerali amiantiferi (Fonte, portale cartografico Regione Liguria: www.cartogarfia.regione.liguria.it
).
La Regione Liguria ha
predisposto uno studio e relativa cartografia delle aree nelle quali sono
presenti concentrazioni di amianti, tali da poter costituire potenziali
situazioni di pericolo o da richiedere un controllo nel caso di interventi di
movimentazioni prevedendo tralaltro:
per la realizzazioni di opere edili, realizzazione di
scavi, gallerie, etc.. che comportino movimentazioni e sbancamenti, procedure
atte ad una maggiore sorveglianza delle possibili situazioni a rischio
esposizione a fibre di amianto individuando in particolare
alcune fasi di controllo.
In fase realizzativa delle
opere è obbligo in caso di lavori su rocce contenenti amianto, di effettuare
misurazioni di fibre nell’aria ai fini della valutazione all’esposizione
degli addetti e di notifica all’organo di vigilanza ai sensi del Dlgs 277/91,
fornendo informazioni circa le risultanza sulle misurazioni dell’aria
effettuate, i procedimenti di lavoro adottati, le misure di protezione
previste, la destinazione del materiale di risulta.
(fonte: www.cartografiarl.regione.liguria.it)
La zona ricade i corrispondenza di aree con presenza
di “pietre verdi” ed estese aree con fenomeni franosi ( fonte: www.cartografiarl.regione.liguria.it).
Come già osservato in precedenza tale intervento comprometterebbe la
funzione paesistica e ambientale dei luoghi, in quanto area ad elevata valenza
naturalistica ed ambientale.
Si ritiene osservare che
tale attività finalizzata ad attività mineraria, vista la sensibilità
ambientale e la non insediabilità dei luoghi, comporterebbe una trasformazione
tale da rendere necessaria una sostanziale modifica ai piani territoriali e/o
settoriali e dei vincoli derivanti da normative vigenti.
Inoltre tale trasformazione comporterebbe un declassamento nel
raggiungimento di obiettivi di miglioramento ambientale fissati da PP
settoriali e/o sovraordinati, nonché un’incoerenza con gli obiettivi sanciti a
livello internazionale e nazionale nel quadro delle politiche di sviluppo
sostenibile.
Ricordiamo che la Legge 152/2006, all’art. 300
recita:
Art 300. Danno
ambientale
1. È danno ambientale qualsiasi deterioramento
significativo e misurabile, diretto o
indiretto, di una risorsa naturale o
dell'utilità assicurata da quest'ultima.
2. Ai sensi della direttiva 2004/35/CE
costituisce danno ambientale il deterioramento, in
confronto alle condizioni originarie, provocato:
a) alle specie e agli habitat naturali protetti
dalla normativa nazionale e comunitaria di cui
alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante
norme per la protezione della fauna selvatica,
che recepisce le direttive 79/409/CEE del
Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della
Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE
della Commissione del 6 marzo 1991 ed
attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre
1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al d.P.R. 8 settembre 1997, n.
357, recante regolamento recante attuazione della direttiva
92/43/CEE relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della
flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree
naturali protette di cui alla legge 6 dicembre
1991, n. 394, e successive norme di attuazione.
In conclusione
Si ritiene di dover evidenziare alcuni
elementi di criticità in palese violazione con le normative citate, che portano
a esprimere una richiesta di parere negativo al permesso di ricerca, ed in relazione alle
incidenze negative su habitat, specie e sul paesaggio, in merito alla
individuazione dell’areale come un potenziale sito per lo sfruttamento minerario.