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sabato 24 giugno 2017

Siccità, sprechi e cambiamenti climatici mettono in ginocchio l'Italia

L’agricoltura è il settore più assetato




Secondo i dati disponibili più recenti in Italia, abbiamo una quantità di risorse idriche rinnovabili corrispondenti a circa 116 miliardi di metri cubi mentre i volumi di acqua effettivamente utilizzati sono stimati attorno ai 52 miliardi di metri cubi. Complessivamente utilizziamo oltre il 30% delle risorse rinnovabili d’acqua disponibili nel nostro paese: un dato ben superiore alla soglia del 20% indicata dall’obiettivo europeo (Europa efficiente nell’impiego delle risorse) e per questo, l’Italia è indicata dall’OCSE come paese soggetto a stress idrico medio-alto che, inoltre, presenta una forte disomogeneità rispetto alla distribuzione delle risorse idriche e al loro fabbisogno.
La situazione è poi aggravata dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle temperature, che incidono sulla distribuzione e forma delle precipitazioni, sulla fusione delle riserve idriche come i ghiacciai, sull’evapotraspirazione, accelerando fenomeni come quello che sta subendo il nostro territorio.
Oggi l’estensione dei ghiacciai in Italia, come risulta dai dati del Comitato Glaciologico Nazionale, copre una superficie di 368 kmq e, rispetto alle rilevazioni condotte nel periodo 1959-1962 tale superficie risulta ridotta del 30% (159 kmq). Secondo i dati ISTAT sulle diverse tipologie di utilizzo della risorsa idrica, risulta che il prelievo dell’acqua potabile è in aumento (+6,6% rispetto all’inizio della serie storica di 13 anni) e ammonta a 9,5 miliardi di metri cubi (il consumo medio giornaliero per abitante giunge a 228 litri).  
Come indicato dal rapporto WWF “L’impronta idrica dell’Italia”il calcolo dell’’impronta idrica totale della produzione in Italia ammonta a circa 70 miliardi di metri cubi di acqua l’anno. Ciò equivale a 3.353 litri pro capite al giorno. L’agricoltura è il settore economico più assetato d’Italia - così come in altri paesi del Mediterraneo - a differenza della maggior parte dei paesi europei e nordamericani, in cui i settori industriali ed economici sono quelli dominanti sotto il profilo dell’utilizzo idrico - ed è dovuto principalmente alle produzioni agricole (85%), che comprendono l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), per pascolo e allevamento (10%). Il restante 15% dell’impronta idrica della produzione è suddiviso tra produzione industriale (8%) e uso domestico (7%).
Per quanto riguarda l’impronta idrica totale dei consumi in Italia (l’acqua utilizzata per produrre beni e servizi) ammonta a 132 miliardi di metri cubi di acqua l’anno (6.309 litri pro capite al giorno). Il consumo di cibo (che include sia prodotti agricoli sia di origine animale) contribuisce all’89% dell’impronta idrica totale giornaliera degli italiani.
L’italia (con i suoi 62 miliardi di metri cubi annui) si classifica come terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo dopo Giappone e Messico, e con la sua impronta idrica di 1.836 metri cubi pro capite annui, più alta della media mondiale (che è di 1.385 metri cubi pro capite annui) si colloca, in graduatoria, dopo Stati Uniti, Canada e Australia.

giovedì 15 giugno 2017

17 giugno, Giornata Mondiale della Desertificazione

Desertificazione e cambiamenti climatici, WWF: fenomeni interconnessi rispetto ai quali è urgente un'azione coordinata


La siccità che sta attanagliando numerosi bacini idrici italiani rende necessaria e urgente una reazione operativa perché ormai i grandi cambiamenti globali scatenati dalla nostra continua pressione, non solo sono accelerati, ma sono sempre più interconnessi. È ormai evidente l’intreccio degli effetti del cambiamento climatico con quelli del fenomeno della desertificazione, rispetto ai quali è urgente un’azione coordinata. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici predisposto da numerosi autorevoli specialisti coordinati dal Ministero dell’Ambiente ed in via di approvazione definitiva non potrà non andare in questa direzione.
Oggi circa un quinto del territorio nazionale italiano viene ritenuto a rischio desertificazione: quasi il 21% del territorio del quale almeno il 41% si trova nelle regioni dell’Italia meridionale, come Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia, ma sono coinvolte anche aree in altre regioni come l’Emilia-Romagna, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo. Secondo gli scenari del cambiamento climatico realizzati dagli specialisti per il nostro paese (in particolare il Centro Euromediterraneo per i Cambiamenti Climatici CMCC), entro fine secolo le previsioni potrebbero prevedere incrementi di temperature tra i 3 e i 6 °C con conseguente estremizzazione di fenomeni meteorici e quindi anche riduzioni, in diverse aree, delle precipitazioni, soprattutto nei periodi estivi ed è evidente che le problematiche climatiche e quelle relative alla desertificazione saranno sempre di più intrecciate. Si sta già verificando un incremento della temperatura senza precedenti con un calo delle precipitazioni annuali, con estati più secche, ed inverni più umidi, in particolare, nelle regioni settentrionali. Su un territorio complesso e fragile come quello italiano, questi fenomeni portano ad una sostanziale variazione della frequenza e delle entità di frane, alluvioni e magre dei fiumi, con effetti importanti per l’assetto territoriale e i regimi idrici.
Secondo i dati disponibili più recenti in Italia, abbiamo una quantità di risorse idriche rinnovabili corrispondente a circa 116 miliardi di metri cubi mentre i volumi di acqua effettivamente utilizzabili sono stimati attorno ai 52 miliardi di metri cubi. Complessivamente utilizziamo oltre il 30% delle risorse rinnovabili d’acqua disponibili nel nostro paese che sono ben superiori alla soglia del 20% indicata dall’obiettivo europeo (Europa efficiente nell’impiego delle risorse): per questo, l’Italia è indicato dall’OCSE come paese soggetto a stress idrico medio-alto che, inoltre, presenta una forte disomogeneità rispetto alla distribuzione delle risorse idriche e al loro fabbisogno. Dai dati ISTAT sulle diverse tipologie di utilizzo della risorsa idrica, risulta che il prelievo dell’acqua potabile è in aumento (del 6,6% rispetto all’inizio della serie storica di 13 anni) e ammonta a 9,5 miliardi di metri cubi (il consumo medio giornaliero per abitante giunge a 228 litri).
Il cambiamento climatico interagisce con il ciclo idrico tramite diversi elementi che costituiscono dei forzanti provocati dall’incremento delle temperature come, ad esempio, l’umidità atmosferica, l’evapotraspirazione, la quantità, la distribuzione e la forma delle precipitazioni e la fusione dei ghiacciai. Oggi l’estensione dei ghiacciai in Italia, come risulta dai dati del Comitato Glaciologico Nazionale, copre una superficie di 368 kmq e, rispetto alle rilevazioni condotte nel periodo 1959-1962 tale superficie risulta ridotta del 30% (159 kmq).
I cambiamenti climatici agiscono in maniera significativa come aggravanti delle vulnerabilità dei settori che esigono l’utilizzo dell’acqua, dalla disponibilità di acqua potabile, all’agricoltura e al settore energetico. Gli impatti del cambiamento climatico sono sempre più forti sia sugli ecosistemi ed i processi ecologici, sia sui singoli organismi, sulla struttura e dinamica delle popolazioni, sulla distribuzione e migrazione delle specie, sulla produttività degli ecosistemi, costituendo una crescente minaccia per la biodiversità del nostro paese. L’Italia sta quindi subendo impatti crescenti dovuti all’accelerazione dei cambiamenti climatici globali che avranno conseguenze sempre più negative sugli ecosistemi, sulla nostra società ed economia, rispetto ai quali non solo è necessario ma urgente intervenire.
Bollino rosso anche per le Oasi WWF. La siccità sta colpendo anche le Oasi e da tempo: i livelli delle acque delle aree umide stanno calando e ci sono aree già secche. Le falde si sono abbassate in più luoghi. La vegetazione di alcune aree gestite dal WWF è già in stress idrico avanzato. Si stanno comunque monitorando le condizioni per prevenire incendi o danni alla fauna. Alcuni esempi:
  • Riserva naturale di Ripa Bianca (Marche) Pochissima acqua nel fiume. Livello falda/lago molto basso.
  • Riserva naturale di Valle Averto (Veneto). Attualmente la situazione è di allerta. In caso di scarsità d’acqua, potrebbero esserci seri problemi di anossia nei canali interni con la conseguente moria di pesce all'interno dell'oasi
  • Oasi di Macchiagrande (Lazio) Situazione è molto critica; le specie vegetali nella lecceta - soprattutto gli allori - evidenziano stress idrico e termico notevole. Le pozze temporanee non si sono mai riempite, a testimonianza che la falda è molto bassa. Stagno con livelli d'acqua al minimo.
  • Riserva naturale degli Orti-Bottagone (Toscana). Il Bottagone è ai livelli di acqua dei primi di luglio, tempo un mese e sarà prosciugato. La parte più a sud è quasi del tutto in secca. Stiamo intervenendo manualmente sul fosso principale di arrivo per ricreare un minimo di ripristino del livello dell’acqua.
  • Monumento naturale Pian Sant’Angelo. (Lazio) Stress idrico elevato del sottobosco, comprese le specie più mediterranee. Bacche e frutti (prugnolo, rosa canina...) secche prima di arrivare a maturazione. Le poche pozze di fango sono secche, la forra resiste solo per l'apporto di una piccola sorgente.
  • Nell’Oasi di Persano (Campania) la situazione è critica da metà maggio, con il livello del lago  un metro e mezzo sotto il livello massimo.
  • Oasi di Alviano (Umbria). Evidente stress idrico per le piante del bosco, ma la situazione in palude è ancora accettabile.
  • Riserva naturale Lago di Burano (Toscana). Livello del lago molto basso
  • Riserva naturale Laguna di Orbetello (Toscana). Pozze interne d’acqua dolce prosciugate. Piante con stress idrico.
 LA CONVENZIONE. La Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione nei paesi che soffrono la siccità, particolarmente in Africa (UNCCD), è stata aperta alle firme dei Paesi il 17 giugno 1994 a Parigi, ed è entrata in vigore a dicembre 1996. Il tema della desertificazione di molte aree del mondo e il preoccupante livello di crescita del fenomeno aveva condotto il ben noto Earth Summit, la Conferenza ONU sull'ambiente e lo sviluppo di Rio de Janeiro tenutasi nel 1992, oltre ad aprire alla firma dei Paesi le due Convenzioni sul cambiamento climatico e sulla biodiversità, ad attivare un Comitato Intergovernativo di negoziazione per giungere all’elaborazione di un’apposita convenzione sulla desertificazione che fu conclusa e presentata alla firma dei Paesi, due anni dopo, nel 1994.